Vitamina D e Tiroidite di Hashimoto: un legame "forte"

Vitamina D e Tiroidite di Hashimoto: un legame "forte"

Introduzione al tema Vitamina D nella tiroidite di Hashimoto

Numerosi articoli scientifici hanno evidenziato una possibile correlazione fra bassi livelli di vitamina D e Tiroidite di Hashimoto.

Vitamin D and autoimmune thyroid diseases. Cellular & Molecular Immunology(2011) 8, 243-247. Shaye Kivity et altri

Cerchiamo di capire perché si verifica questo e cosa fare in caso di bassi livelli di vitamina D nella Tiroidite di Hashimoto.

La vitamina D viene attualmente considerata come un vero e proprio “ormone”, viste l’ampio spettro delle sue azioni che vengono mediate da un recettore nucleare (VDR) presente su numerosi tessuti e organi.

La vitamina D non è “solo” un regolatore del metabolismo del calcio. La carenza di vitamina D non riguarda, in altri termini, principalmente le donne in menopausa, come si pensava fino ad un non lontano passato, ma potenzialmente tutta la popolazione.

La vitamina D agisce su numerosi organi e apparati che esprimono questo recettore VDR. Si va dal cuore, al cervello, al tessuto adiposo, alla tiroide, alla pelle, etc.

La vitamina D svolge un ruolo significativo nell’equilibrio del sistema immunitario (che è deficitario in caso di Tiroidite di Hashimoto).

La vitamina D agisce principalmente bilanciando le braccia del sistema immunologico chiamate Th1 e Th2 e influenzando le cellule T-regolatorie (Th3), che governano l’espressione e la differenziazione delle cellule Th1 e Th2.

Nelle malattie autoimmuni, fra cui la Tiroidite di Hashimoto, si verifica proprio uno sbilanciamento di quest’asse TH1-TH2 con coinvolgimento del sistema TH3 e TH17.

https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1521661613002593

È un argomento complesso, intrigante, nuovo e ancora in evoluzione ma la “causa” della Tiroidite di Hashimoto passa da qui.

Nelle persone con Tiroidite di Hashimoto si possono verificare diverse condizioni che possono ridurre l’assorbimento, la produzione e l’attività della vitamina D e quindi la sua azione sul sistema immunitario.

Analizziamoli una ad una:

  • La sindrome dell’intestino permeabile o Leaky Gut Syndrome è estremamente comune nei pazienti con ipotiroidismo di origine autoimmune e questa può condizionare negativamente l’assorbimento della vitamina D.
  • Elevati livelli di cortisolo sono associati a bassi livelli di vitamina D.
    È questa una condizione estremamente frequente, anche se sottovalutata e sottostimata, nei pazienti ipotiroidei e in quelli affetti da Tiroidite di Hashimoto. La sintesi della forma attiva di vitamina D dipende dal colesterolo ed è noto come gli ormoni dello stress derivano dal colesterolo. Quando l’organismo di trova in condizioni di stress, la maggior parte del colesterolo viene usato per produrre cortisolo e non è sufficiente per produrre quote sufficienti di vitamina D. È una condizione in qualche modo simile al “furto del pregnenolone”, anche se il substrato e le vie sono ovviamente diverse. Di fatto lo stress per questo motivo favorisce una ridotta produzione di vitamina D attiva.
  • Un polimorfismo sfavorevole per il recettore nucleare della vitamina D (VDR) riduce l’azione di quest’ormone (la vitamina D).

Affinché la vitamina D circolante possa svolgere le sue funzioni, deve prima attivare il recettore della vitamina D (VDR). Il problema è che molte persone con malattia autoimmune hanno un polimorfismo genetico che influenza sfavorevolmente l’espressione e l’attivazione del VDR e quindi riduce l’attività biologica della vitamina D.

Numerosi studi scientifici, infatti, hanno dimostrato che un numero significativo di pazienti con Tiroidite di Hashimoto è portatrice di polimorfismi sfavorevoli per VDR.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16721822

Tradotto: queste persone potrebbero avere sintomi da carenza di Vitamina D anche se i valori nel sangue sono normali perché questo polimorfismo genetico, che influenza negativamente l’espressione e l’attivazione del VDR e quindi riduce l’attività biologica della vitamina D.

Per questo motivo queste persone necessitano di mantenere valori più elevati di Vitamina D rispetto a quelli della popolazione generale che non ha questo polimorfismo e questa malattia autoimmune.

Il polimorfismo VDR è un test genetico che ora può essere effettuato in molti laboratori e applicato alla pratica clinica.

  • Le persone che seguono diete a basso contenuto di grassi e i pazienti con condizioni che compromettono l’assorbimento dei grassi (come IBS, IBD, o malattie del fegato e della cistifellea) hanno maggiori probabilità di avere bassi livelli di vitamina D. La vitamina D è una vitamina liposolubile, il che significa che richiede grassi per essere assorbita efficacemente. Per questo motivo non mangiare abbastanza grassi o non digerire grassi correttamente riduce l’assorbimento di vitamina D.
  • L’obesità e il sovrappeso riducono i livelli di vitamina D attiva. Gli obesi hanno livelli nel sangue più bassi di vitamina D perché questa viene catturata dalle cellule adipose. Per questo motivo i pazienti con Tiroidite di Hashimoto, sovrappeso, sindrome metabolica od obesità hanno più difficoltà nel ristabilire valori ottimali con la supplementazione, se il dosaggio e la modalità di somministrazione non sono adeguate.
  • La vitamina D regola anche la secrezione di insulina e l’insulino-sensibilità e la sua carenza è associata ad insulino-resistenza.
    https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4515445/

    L’insulino-resistenza, la disglicemia e la leptino-resistenza influenzano negativamente la fisiologia della tiroide e favoriscono l’aumento di grasso addominale.

  • L’infiammazione riduce l’utilizzo della vitamina D e i pazienti con Tiroidite di Hashimoto sono spesso infiammati.

Valori ottimali di vitamina D nella tiroidite di Hashimoto

Alla luce di questi elementi non sorprende che molte persone affette da Tiroidite di Hashimoto e ipovitaminosi D evidenzino difficoltà nel raggiungere e mantenere livelli di Vitamina D Ottimale.

La comunità scientifica non ha una posizione univoca intorno al valore di vitamina D ottimale, anche se ritenere “sufficiente” una valore di 20ng/dL pare molto riduttivo.

Nell’ambito di una visione che vede la Vitamina D come un Ormone (e non solo come una Vitamina) la cui carenza può favorire malattie legate al metabolismo del calcio (es. rachitismo, osteomalacia o osteoporosi) i valori raccomandati sono fra 60 e 80 ng/dL.
Valori superiori a 100 ng/dL potrebbero apportare più svantaggi clinici che vantaggi o risultare.

Raggiungere e mantenere i valori di Vitamina D ottimali nel caso della Tiroidite di Hashimoto solo con l’alimentazione non è possibile nella maggior parte dei casi, anche qualora ci si esponga alla luce.

Non rimane quindi che un’opportuna supplementazione con integratori di qualità.

Assunzione di Vitamina D nella tiroidite di Hashimoto

Le modalità di assunzione della vitamina D possono essere di 2 tipi:

  1. Prevede la somministrazione di un bolo ad elevato dosaggio (es. 25000/50000/100,000 UI) una volta alla settimana oppure ogni 2/3/4 settimane.
  2. Prevede la somministrazione quotidiana di dosaggi più bassi.

Anche in questo caso non vi è una posizione univoca dal punto di vista medico.

Tuttavia la modalità con somministrazione quotidiana risulta più fisiologica, offre maggiore biodisponibilità di vitamina D e può evitare o contenere fenomeni potenziali di accumulo che in qualche caso possono essere tossici.

A questo punto la domanda diventa…

Quali sono i dosaggi di vitamina D nella tiroidite di Hashimoto?

Anche in questo caso la risposta è: dipende, da caso a caso.

In realtà in questo caso la risposta è ancora più complicata e tutt’altro che definitiva. Perché?

È inutile negare che la Vitamina D sia di “moda” e ci sono, come sempre in questi casi, estremismi e visioni unilaterali che vanno dall’affermare che la vitamina D non serva a nulla (ed è tutto una bufala), a sostenere che la vitamina D sia in grado, da sola, di curare tutte le malattie; e lo stesso vale per i dosaggi (molto bassi o sovrafisiologici).

Quindi: calma…

Certo è che in pazienti con Tiroidite di Hashimoto, magari con sovrappeso od obesità un dosaggio di 1500/2500 UI al giorno è difficile che risulti sufficiente per raggiungere i livelli di vitamina D ottimali.

Sarebbe inutile insistere con questi dosaggi nella “speranza” che la vitamina D salga, magari perché è estate e ci si espone di più al nostro sole italico.

L’unico modo per verificare l’efficacia della terapia è misurare i livelli nel sangue e in questi casi non sarebbe sorprendente verificare l’inefficacia della terapia. Nulla cambia in modo sostanziale.

I dosaggi di vitamina D più efficaci nella pratica clinica in caso di Tiroidite di Hashimoto e ipovitaminosi D vanno dalle 2.000 alle 10.000 UI al giorno, possibilmente con vitamine nutrienti che abbiano una azione sinergica (es. vitamina K2, vitamina A, vitamina E…).

È opportuno un controllo dei livelli di vitamina D sierica dopo 3 mesi di terapia e una terapia di mantenimento una volta raggiunto il dosaggio ottimale.

Non è indicato assumere elevati livelli di vitamina D senza effettuare regolari controlli degli esami perché questo da un lato può determinare tossicità dall’altro essere inutile.

Come spesso accade in nutrizione, e come ci insegna la nutrizione ortomolecolare, nel caso di vitamine, nutrienti ed ormoni non vale la regola per cui più elevato è il dosaggio di un integratore e meglio è.

Ma… è più efficace, funzionale, e sano integrare col dosaggio appropriato (né alto né basso) e mirare ai valori ottimali e a un bilanciamento dei nutrienti che hanno un’azione sinergica e antagonista.


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